Composto in memoria degli affetti più cari, il Requiem di Fauré è una pagina di grande poesia: un inno d’amore, ma di una dolcezza raccolta ed intimista. L’evento è il primo atto di un dittico che vedrà tornare in scena La Corelli, sempre con il coro Ludus Vocalis, il giorno di Pasqua, 5 aprile 2015, con il celebre Gloria di Vivaldi.
Venerdì 27 Marzo 2015 – ore 21.00
Chiesa di San Rocco, Ravenna
Orchestra Arcangelo Corelli
Coro Ludus Vocalis
SOPRANO: EMILIA FERRARI
BARITONO: ROBERTO GENTILI
DIRETTORE: STEFANO SINTONI
MAESTRO ORGANISTA: ANDREA BERARDI
Programma:
Gabriel Faure – Requiem, op. 48, per soli, coro, organo e orchestra
QUALCOSA SUL REQUIEM DI FAURÈ
Gabriel Fauré scrisse il Requiem tra il 1886 e il 1887, in memoria del padre, morto a Tolosa nel 1885.
Il lavoro fu eseguito per la prima volta alla Madeleine, nel 1888, dopo la morte anche della madre di Fauré e rimase l’unica opera di vaste dimensioni e con l’intervento dell’orchestra scritta dal compositore francese per la chiesa.
Il Requiem di Fauré fu nuovamente eseguito alla Madeleine nel 1924, per i funerali dell’autore.
Fu la musa della consolazione a guidare in questa partitura l’autore, che si difendeva così dalle critiche di paganesimo:
«Qualcuno l’ha chiamato [il Requiem] una berceuse della morte. Ma è così che sento la morte: come una lieta liberazione, un’aspirazione alla felicità dell’aldilà, piuttosto che, un trapasso doloroso. […] Non si deve forse, accettare la natura dell’artista? […] Accompagno da una vita le esequie, all’organo. Ne ho fin sopra i capelli. Ho voluto fare qualcosa di diverso».
Da qui la tenerezza dell’espressione, che si avvale, pur senza ostentazioni, della nuance, arcaicizzante derivata dal riscoperto canto gregoriano (sia negli influssi modali che nei profili melodici), assumendo e neutralizzando la drammaticità di altre coeve riflessioni musicali sulla morte (i mottetti e i lieder di Brahms o la Prima sinfonia di Mahler) in un progetto di grazia talora malinconica.talora estatica.
Il testo liturgico é sottoposto a scelte legittime ma personali: Fauré accorpa sezioni diverse (Introitus e Kyrie, Agnus Dei e Communio), trascura porzioni testuali (il Kyrie II, il Benedictus) o ne interpola di nuove (la ripetizione della parola «Sanctus», l’«Amen»), mentre una delle omissioni più evidenti, quella del Dies irae, viene bilanciata dalla presenza del terribile Libera me, provvisto di una sezione «apocalittica» che lo cita letteralmente. Dal Dies irae proviene, d’altra parte, il testo del Pie Jesu.