-Utile premessa all’ascolto della Sesta Sinfonia di Beethoven-
“Come sono felice di poter camminare tra gli arbusti, gli alberi, i boschi, l’erba e le rocce! Poiché i boschi, gli alberi e le rocce donano all’uomo l’armonia di cui ha bisogno!”
Così scriveva un trionfale Ludwig Van Beethoven in una lettera indirizzata alla baronessa Teresa Malfatti (la musa ispiratrice del celeberrimo brano “Per Teresa”. Se non ne avete mai sentito parlare non preoccupatevi, perché lo stesso è universalmente noto come “Per Elisa” a causa dell’errore di trascrizione di un meno celeberrimo copista dell’epoca).
Beethoven era in quei giorni alle prese con gli ultimi ritocchi alla sua Sesta Sinfonia, capolavoro d’orchestrazione che trovava il suo referente espressivo proprio nelle gioiose passeggiate tra i boschi di Heilingenstadt, nel cuore della natura, fonte di serenità e pace. Il trillo degli uccelli, il gocciolio dell’acqua nelle insenature, il fruscio delle foglie: ogni particolare fu minuziosamente annotato dal compositore in un diario manoscritto, e tutto confluì nella creazione di questa grande pagina sinfonica, incomparabile affresco musicale della natura e dei suoi elementi.
Nasceva così uno dei più fulgidi esempi di “musica programmatica”.
Affidandoci alle categorie, possiamo definire “programmatica” quel tipo di musica atta a raccontare una storia, evocando vicende drammatiche, ambienti naturali o particolari figure storiche e leggendarie. Gli espedienti tecnico-narrativi a cui questa peculiare forma di scrittura musicale fa ricorso sono individuabili innanzitutto nei leitmotiv [da leit: “condurre” e motiv: “motivo”], ovvero in quelle frasi, temi e frammenti melodico-ritmici che tendono a ripetersi nel corso della partitura: insomma, i temi-chiave dell’intera composizione, frammenti subito identificabili che finiscono per impersonificare soggetti, luoghi e situazioni narrative specifiche.
La grande, straordinaria peculiarità della musica a programma è proprio questa sua capacità di farci “vedere le cose” con il semplice ascolto. Premesso che tutta la musica in genere ha in sé un particolare potere immaginifico, spesso superiore a molte sostanze di natura psicotropa [per questo noi de LaCorelli la promuoviamo, produciamo e distribuiamo in ogni sua forma, in contrasto a tutte le altre, Ndr], la musica programmatica si spinge ancora più in là, realizzando una perfetta sinestesia dei sensi di udito e vista, al punto che, letteralmente, ci fa “vedere con le orecchie”.
Nel suo intento programmatico, Beethoven intitola la sua Sinfonia “Pastorale“, introducendo ogni tempo con un titolo suggestivo, atto a calare l’ascoltatore nella giusta atmosfera musical-naturale (“Risveglio dei sentimenti all’arrivo in campagna” – “Scena al ruscello” – “Lieta brigata di campagnoli” – “Il temporale” – “Sentimenti di gioia e di riconoscenza dopo il temporale”).
Chiudiamo gli occhi, ascoltiamo: immaginiamo. Visualizziamo!
Anche i più cinici di noi e i meno avvezzi ai voli di fantasia, ascoltando la Pastorale potranno “vedere”, da sobri, qualcosa di simile ad un paesaggio: ognuno di noi avrà una visione diversa, ma tutti immagineremo uno scenario ugualmente quieto, sereno e pacifico improvvisamente scosso da un elemento perturbante e generatore di caos che poi piano piano scema fino a lasciare spazio ad una rinnovata pace. Questo dovrebbe essere, a grandi linee, l’effetto visivo d’insieme della Sinfonia.
Sul potere ispiratore della musica sono stati scritti compendi, trattati e saggi teorici di ogni sorta.
Finché un bel giorno qualcuno a Hollywood decise di passare dalla teoria ai fatti, rappresentando per la prima volta sotto forma di cartoni animati le fantasie ispirate da alcune celeberrime partiture orchestrali, imprigionando così di fatto e per sempre quelle fantasie in immagini concrete.
Era il 1936, e Walt Disney riteneva che Topolino, la stella degli Studios, avesse bisogno di una rinfrescatina al look. Decise così di produrre “L’apprendista stregone“, un cortometraggio animato basato sul poema sinfonico di Paul Dukas, che si ispirava a sua volta al racconto originale di Goethe. Combinando l’animazione alla musica classica, Disney voleva produrre un cortometraggio in cui la pura fantasia si “rivelasse”. Quando chiamò a dirigere Leopold Stokowski dell’Orchestra di Filadelfia, questi fu tanto felice di collaborare al progetto che si offrì di lavorare gratuitamente: quella collaborazione sanciva secondo Disney la nascita di un format rivoluzionario.
Fu nello studio di registrazione, tra le sessioni di prove in notturna degli oltre 85 musicisti coinvolti e le infinite ore di lavorazione del film, che divenne presto chiaro che i costi dell’operazione avrebbero superato di gran lunga il budget iniziale: a quel punto fu altrettanto chiaro che un singolo cortometraggio, da solo, non sarebbe mai stato in grado di recuperare la cifra astronomica ormai raggiunta. “A causa della sua natura sperimentale e senza precedenti… non abbiamo idea di cosa ci si può aspettare da una tale produzione”, dichiarava il meno famoso dei fratelli Disney, mentre il lungimirante Walt seppe vedere in questo problema una grande opportunità: fu allora che gli venne l’idea di un lungometraggio composto di vari numeri separati ma accomunati da un unico filo conduttore: proprio come in un lunghissimo concerto di musica classica.
Nasceva così “Fantasia“, osannato dai più, criticato da alcuni illustri detrattori: indiscutibilmente, un autentico best-seller del cinema d’animazione, impostosi per impatto e magnificenza nell’immaginario collettivo di intere generazioni.
Nella fucina di idee Disney, creativi e consulenti cominciarono ad intavolare infiniti brain-storming, mentre Walt si teneva un po’ in disparte ammettendo la sua ignoranza in fatto di musica classica. Finché un giorno non decise di prendere l’iniziativa partendo dalla cosa che gli era più congeniale: le immagini animate. Si presentò così al suo team di autori chiedendo di dirgli quale brano, secondo loro, potesse prestarsi meglio ad un cartone a tema preistorico. Quando gli fecero ascoltare La Sagra della Primavera, urlò di gioia: già li poteva immaginare quei terrificanti animali preistorici, dinosauri, lucertole volanti e altri mostri alati.
Con la stessa modalità la Sesta Sinfonia di Beethoven venne scelta tra altre mille proposte per andare a completare la carrellata sinfonica di “Fantasia”: il 5 gennaio 1939, dopo una lunga ricerca a caccia di un pezzo “adatto al tema mitologico“, la “Pastorale” finì sul tavolo di Walt Disney.
A poco valsero le obiezioni del M° Stokowski, preoccupato per il fatto che l’idea mitologica di Disney non fosse esattamente il tema di cui la Sinfonia trattava. E a poco valsero le sue preoccupazioni circa l’accoglienza da parte degli appassionati di musica classica, che avrebbero criticato Disney per essersi avventurato troppo lontano dalla volontà di Beethoven.
Il risultato?
Ninfe, cavalli alati, centauri, fauni, amorini e chi più ne ha più ne metta: la Pastorale disneyana è un Olimpo capace di scomodare persino gli dei omerici: Zeus e Apollo, Diana, Morfeo e Bacco. Il “Risveglio di piacevoli sensazioni all’arrivo in campagna” diventa così il risveglio del cavallo alato Pegaso e della sua famiglia di cavallini colorati; la “Scena presso il ruscello” è un trionfo di centauri e centaure in atteggiamenti amorosi; la “Allegra riunione di contadini” diventa una caricatura parodistica degli eccessi del dio Bacco e della sua corte; la “Tempesta” è rappresentata dalla furia di Zeus cronide, intento a scagliare fulmini e saette sugli altri poveri personaggi mitologici che popolano la saga, fino ad addormentarsi esausto per lasciare spazio al sereno “Canto di ringraziamento dei pastori dopo la tempesta”, qui trasfigurato in un tramonto sull’Olimpo, con tanto di dea Iride che sparge arcobaleno in cielo aiutata da Apollo a bordo del carro del Sole, finché Morfeo non passa a ricoprire tutto con il suo manto notturno e Diana scocca una cometa riempiendo il cielo di stelle.
Le accuse di sacrilegio mosse a Walt Disney dalla schiera dei critici più radicali sono chiaramente immaginabili.
Fanatici o detrattori, entusiasti o scettici, di Fantasia si può dire tutto, ma non si può comunque negare a questo masterpiece un merito fondamentale, e cioè l’aver contribuito in maniera decisiva alla popolarità e alla riscoperta di alcuni dei maggiori capolavori sinfonici di tutti i tempi, omaggiando le opere musicali dei grandi artisti del passato attraverso la più giovane tra le arti: l’animazione.
Al pubblico del concerto del 30 agosto suggeriamo di ascoltare questa Sesta Sinfonia chiudendo gli occhi: non importa se rivedrete i paesaggi dei giochi all’aria aperta della vostra infanzia oppure i cavallini alati di Disney… L’importante è lasciarsi trasportare con la fantasia là dove la mente, ispirata da questa musica dal fascino bucolico, vorrà portarvi. Ed in ogni caso, quando riaprirete gli occhi, sarà la natura dell’arboreto immerso nel cuore delle foreste casentinesi a pacificarvi il cuore.